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Hikikomori: il ritiro sociale in adolescenza.

Il termine Hikikomori identifica una sindrome adolescenziale emersa e diffusa negli ultimi dieci anni. Di origine giapponese, la parola significa letteralmente “stare in disparte” e descrive una forma di isolamento sociale, sempre più comune tra i giovani.

I ragazzi ritirati socialmente evitano le relazioni, abbandonano la scuola, non frequentano i coetanei e si isolano nella loro stanza, arrivando a rifiutare anche il contatto con i genitori. Inoltre, tendono a invertire i ritmi circadiani, dormendo di giorno e rimanendo svegli di notte, spesso connessi online.

Nel fenomeno degli hikikomori si assiste alla transizione dalle relazioni reali a quelle immaginarie e virtuali.

Qual è la causa del ritiro sociale?

La tendenza è quella di attribuire alla rete la causa del ritiro sociale. In realtà, Internet non sembra essere la causa, ma piuttosto una conseguenza. Rappresenta una forma di fuga e difesa.

Nella società contemporanea, domina un ideale narcisistico che esalta l’esposizione del corpo, richiedendo che questo sia conforme a determinati standard. Questo può indurre molti giovani, soprattutto adolescenti che affrontano i cambiamenti fisici legati alla crescita, a sentirsi inadeguati rispetto a tale ideale. Di conseguenza, molti preferiscono rifugiarsi nelle relazioni virtuali, che li “proteggono” da questa esposizione.

Hikikomori

Il ritiro sociale aumenta il rischio suicidario?

Il ritiro sociale potrebbe, in realtà, offrire una protezione contro il suicidio. Attraverso la rete, l’adolescente può trovare una realtà relazionale alternativa che non richiede esposizione. Questo potrebbe agire come un fattore protettivo contro le idee suicidarie.

Cosa devono fare i genitori?

Si tende a credere che allontanare i figli dalla rete e avvicinarli al mondo esterno sia la soluzione migliore. Tuttavia, ciò potrebbe incrementare i rischi.

Più utile è cercare di creare una comunicazione a partire dal sintomo: capire cosa fa il ragazzo in rete, che realtà si è costruito. Utilizzare il sintomo per creare una comunicazione genitore/figlio. Per migliorare questo tipo di relazione, può essere d’aiuto avvalersi della consulenza di un esperto.

Dott.ssa Francesca Vecchione